ARISTOMACO di Soli
Aristomaco di Soli (apicoltore greco, Soli, III sec. a.C.).
Riguardo alla sua città natale, non è certo se si tratti della Soli della Cilicia (attualmente nel territorio turco di Mersin), città che si trova nella regione costiera meridionale della penisola anatolica (proprio a NE di Rodi) o della città di Soli nell’isola di Cipro.
Studioso della vita delle api, viene inquadrato cronologicamente nel III sec. a.C., dopo il filosofo Aristotele.
Probabilmente è la stessa persona (nominata insieme a Filisco di Taso) di cui si hanno citazioni in Plinio il Vecchio (leggi Naturalis Historia, XI, 19: “…ne quis miretur amore earum captos Aristomachum Solensem duodesexaginta annis nihil aliud egisse, Philiscum vero Thasium in desertis apes colentem Agrium cognominatum, qui ambo scripsere de iis.”). Anche Columella, richiamandosi espressamente a (Gaio Giulio) Igino, lo cita nel suo “De re rustica” (IX, c. 13, 8): “Hyginus quidem in eo libro quem de apibus scripsit, Aristomachus, inquit, hoc modo succurrendum laborantibus existimat, primum ut omnes vitiosi favi tollantur, et cibus ex integro recens ponatur, deinde ut fumigentur.”.
In particolare in Plinio leggiamo che egli scrisse della vita e dell’allevamento delle api al cui studio dedicò ben 58 anni della sua vita.
Plinio (XIII, 47) cita nuovamente il nome di Aristomaco (“quin et nutricibus in defectu lactis aridum atque in aqua decoctum potui cum vino dari iubet — firmiores excelsioresque infantes fore —, viridem etiam gallinis aut, si inaruerit, madefactum. apes quoque numquam defore cytisi pabulo contingente promittunt Democritus atque Aristomachus”).
Alcuni studiosi ritengono che questo Aristomaco (il quale pure viene citato a proposito delle api) possa essere la stessa persona che fu uno dei discepoli del filosofo peripatetico Licone, tanto più che la sua esistenza viene inquadrata a quel tempo (III sec. a.C.). Proprio a tal riguardo, Iacobo Gronovio, nel suo Thesaurum Graecarum Antiquitatum – Tomo II –, avanzò l’ipotesi che l’Aristomaco filosofo avesse ottenuto la cittadinanza ateniese e quindi potesse coincidere col secondo Aristomaco citato da Plinio.
Una sua immagine la possiamo trovare nel “Veterum illustrium philosophorum etc. imagines” (ed. 1685) a cura di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696).
Tale iconografia ci riporta alla descrizione, assolutamente inedita, che possiamo trovare nelle “Opere di Ennio Quirino Visconti” (cl. II – Milano, 1823) relativamente alla pietra incisa della raccolta di Vanhorn, “…in cui il soggetto espressovi la rende assolutamente unica. Vi si rappresenta un eroe senza barba, giusta il costume degli Spartani anteriori a Licurgo, certificato dai monumenti delle loro colonie italiche. Ha l’asta nella diritta, e imbrandisce col sinistro braccio un grande scudo: sta in piedi, ed è affatto ignudo, fuorchè un piccol manto gl’involge porzion delle braccia.”.
Ancora, pare esserci corrispondenza tra il disegno riportato nel Catalogo di gemme di Federico Dolce (“Descrizioni di dugento gemme antiche…” – in Roma , MDCCXCII) col disegno pure richiamato nella su citata opera di Ennio Quirino Visconti, il quale fa anche cenno a Leonardo Agostini (1593 – 1676), il quale avrebbe riconosciuto nella detta iconografia la figura di Aristomaco.